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È un fenomeno che si vede solo se si guarda la mappa dall’alto: una lunga scia di imprese italiane che, negli ultimi trent’anni, ha attraversato il confine dell’Unione, entrando nell’orbita francese o tedesca; e una parte di questi asset — soprattutto nel settore bancario e assicurativo — che, dopo una fase “europea”, ha fatto un ulteriore passo, uscendo dal perimetro dell’Unione per finire sotto il controllo di gruppi extra-UE.

Non è un giudizio di valore. È una sequenza fattuale che merita di essere osservata con attenzione, perché si colloca esattamente nel punto in cui si incrociano tre grandi questioni:
- la proprietà industriale e finanziaria dell’Italia,
- il mercato unico europeo e le sue regole,
- la protezione degli asset strategici, esercitata in modo diverso da Italia, Francia e Germania.
Per comprendere il quadro, occorre partire dai numeri, passare per i casi concreti e arrivare infine al punto politico: la porosità del confine europeo di fronte ai capitali globali, proprio nel momento in cui il golden power è diventato oggetto di disputa tra Roma e Bruxelles.
1. Cinquemila imprese italiane in mani francesi e tedesche: la fotografia di oggi
Quando si parla di “acquisizioni straniere”, si pensa sempre ai singoli casi. In realtà il fenomeno va letto a livello sistemico.
I dati più recenti sulle imprese a controllo estero in Italia indicano che:
- nel nostro Paese operano circa 18.400 imprese controllate da soggetti stranieri;
- di queste, 2.435 fanno capo a gruppi francesi;
- altre 2.860 sono controllate da gruppi tedeschi.
In totale, oltre 5.000 imprese italiane — cioè più di un quarto delle imprese a controllo estero — gravitano nell’orbita franco-tedesca.
Ora, questo 0,4% scarso del totale delle imprese italiane potrebbe sembrare irrilevante. Non lo è. Queste aziende generano:
- il 21% del fatturato italiano dell’industria e dei servizi,
- il 17–18% del valore aggiunto,
- quasi il 10% degli addetti.
Sul piano dell’equity investito, le cifre sono ancora più nette:
- la Francia detiene circa 101 miliardi di euro di investimenti diretti in Italia, pari a oltre il 22% del totale;
- la Germania circa 50 miliardi, pari all’11%.
Insieme, Francia e Germania detengono un terzo di tutto il capitale estero investito in Italia.
Questo è lo sfondo strutturale: una presenza forte, consolidata, pienamente legittima, ma che spiega perché le dinamiche successive — soprattutto nei settori bancario e assicurativo — abbiano un impatto che va ben oltre il singolo caso.
2. Quando il confine europeo non è l’ultimo confine: i casi bancari e assicurativi
All’interno di questo quadro, alcuni passaggi sono particolarmente significativi perché mostrano in modo nitido il fenomeno che vogliamo capire:
Italia → controllo francese/tedesco → vendita a soggetti extra-UE.
Ecco i due casi più rilevanti.
2.1. Il caso ERGO / Eurovita – dalla sfera tedesca al private equity extra-UE
È la storia più chiara, quasi un “manuale” di come un asset italiano possa attraversare più volte i confini europei.
Fase 1 – Il controllo tedesco.
Negli anni ’90 e 2000 in Italia operano Bayerische Assicurazioni e Bayerische Vita, poi assorbite dal gruppo assicurativo tedesco Munich Re / ERGO, che dà vita a ERGO Assicurazioni e ERGO Previdenza.
È una componente importante del settore vita italiano, con forte radicamento nella bancassurance.
Fase 2 – La cessione a Cinven (UK).
Nel 2016 il gruppo tedesco vende ERGO Italia al fondo di private equity Cinven, con sede a Londra (oggi extra-UE). Nel giro di un anno Cinven aggrega altre realtà italiane: Old Mutual Wealth Italy, Eurovita Assicurazioni e Pramerica Life.
Nasce così Eurovita, un grande player vita–bancassicurativo totalmente controllato da capitale extra-UE.
Fase 3 – Il ritorno in mani europee.
Nel 2023 Eurovita entra in crisi di solvibilità. Il salvataggio avviene tramite Cronos Vita, un veicolo controllato dai principali gruppi assicurativi italiani ed europei.
La proprietà torna “nel recinto UE”.
Il punto cruciale, per il nostro tema, è evidente:
un blocco significativo di asset assicurativi italiani è passato da Germania → extra-UE (UK) prima di essere riassorbito da attori italiani ed europei.
2.2. Deutsche Bank Financial Advisors → Zurich (Svizzera)
Qui il cuore non è una compagnia assicurativa, ma una rete distributiva: pilastro della bancassurance.
Fase 1 – Controllo tedesco.
La rete Deutsche Bank Financial Advisors — oltre 1.000 consulenti, 16 miliardi di masse, prodotti assicurativi e di investimento — è un’infrastruttura italiana sotto controllo tedesco.
Fase 2 – Cessione extra-UE.
Nel 2022 Zurich Bank, parte del gruppo svizzero Zurich Insurance Group, acquista tutta la rete. La Svizzera non è nell’Unione.
La rete italiana passa così da controllo tedesco a controllo extra-UE.
È un caso meno rumoroso di Eurovita, ma strategicamente analogo:
una parte essenziale delle filiere bancarie e assicurative italiane — la distribuzione — attraversa il confine UE senza opposizioni.
3. Perché succede? Il ruolo del mercato unico come “zona franca”
La ragione è semplice da spiegare e complessa da gestire.
Quando un attivo italiano passa a un gruppo francese o tedesco, l’Italia non può bloccare l’operazione con il golden power, a meno che non vi sia un rischio significativo per la sicurezza nazionale.
Al tempo stesso:
- Francia e Germania non possono e non vogliono opporre barriere a investitori italiani, francesi, tedeschi o europei, per rispetto delle libertà fondamentali (stabilimento e capitali).
- Quindi l’acquisizione intra-UE passa, per principio.
Il problema nasce dopo:
quando l’asset — ormai “interiorizzato” nel mercato unico — viene ceduto da un gruppo UE a un soggetto extra-UE, chi dovrebbe vigilare?
Francia? Germania? La Commissione? Nessuno?
In teoria, i regimi di screening francesi e tedeschi dovrebbero filtrare gli investimenti extra-UE.
In pratica, però:
- questi regimi si concentrano soprattutto su infrastrutture “hard” (energia, difesa, telecomunicazioni),
- mentre molte operazioni finanziarie, di distribuzione, di aggregazione vita, passano senza scatenare l’allarme rosso.
È il caso Eurovita.
È il caso Deutsche Bank FA.
È probabilmente il caso di altri deal meno visibili.
4. Italia, Francia, Germania: tre golden power, tre filosofie
Italia: uno scudo largo, che oggi è contestato
Il golden power italiano, introdotto nel 2012 e progressivamente ampliato, copre:
- difesa, sicurezza nazionale, energia, trasporti, comunicazioni,
- infrastrutture critiche,
- 5G, cloud, dati, sanità,
- e persino settore bancario.
L’Italia lo ha usato anche in operazioni intra-UE, come nel caso UniCredit–Banco BPM, attirando la procedura di infrazione della Commissione europea per possibile interferenza con:
- la libertà di stabilimento,
- la libera circolazione dei capitali,
- le competenze della BCE sulla vigilanza bancaria.
Francia e Germania: scudi europei, non scudi nazionali
Entrambe dispongono di meccanismi robusti:
- il regime francese del “contrôle des investissements étrangers”,
- il regime tedesco AWG/AWV.
Ma la loro logica è diversa da quella italiana:
- filtrare gli investimenti extra-UE,
- non intervenire nelle operazioni intra-UE,
- non usare lo screening per proteggere attivi già europeizzati.
Da qui nasce la frattura:
quando un asset italiano entra nell’orbita franco-tedesca,
cade in una terra di nessuno regolatoria,
dove nessuno esercita poteri speciali finché non arriva un acquirente globalizzato.
E quando arriva, spesso è tardi per ricostruire la filiera di acquisizione.
5. La vera vulnerabilità: nessuno misura l’emorragia
Il punto più serio non è giuridico, ma informativo.
Oggi non esiste nessun organismo — né nazionale, né europeo — che monitori sistematicamente:
- quante imprese italiane passano a gruppi franco-tedeschi;
- quante di queste vengono poi cedute a soggetti extra-UE;
- il valore complessivo di equity che fa il percorso Italia → UE → extra-UE;
- gli effetti sulla capacità europea di controllo degli asset strategici.
Le statistiche ufficiali sugli investimenti esteri (FDI), pur sofisticate, fotografano la situazione finale, non la storia degli asset.
È come guardare una radiografia senza sapere nulla delle fratture precedenti.
Eppure, nel mondo degli M&A globali, la storia conta almeno quanto lo stato attuale: perché è nella storia dei passaggi che riconosci le vulnerabilità strutturali.
Conclusione: un confine europeo che esiste solo sulla carta
Dalla prospettiva italiana — ma anche europea — la questione va oltre la dialettica con Bruxelles sul golden power.
Il tema vero è un altro:
Quando un asset italiano supera il confine verso Francia o Germania, sembra entrare in una zona protetta.
Ma quando supera il confine successivo, quello verso l’esterno dell’Unione, spesso non c’è nessuno a guardare.
È un confine che resiste alle pressioni interne, ma si sgretola sotto quelle esterne.
In un’epoca in cui capitali globali, fondi sovrani, asset manager e conglomerati extra-UE hanno una capacità di acquisizione senza precedenti, l’Europa non può permettersi di non vedere ciò che sta accadendo nella zona d’ombra tra mercato unico e protezione strategica.
Finché questa zona rimane invisibile, la sovranità economica europea resta un concetto elegante, ma incompleto.
E la storia recente degli asset bancari e assicurativi italiani è lì a dimostrarlo.
Fonti principali
- ISTAT, Imprese a controllo estero (Inward FATS); Promos Italia / OICE (dati su imprese a controllo francese e tedesco).
- MAECI – Ambasciata d’Italia a Parigi: dati sullo stock IDE francesi in Italia (~101 mld).
- MAECI – InfoMercatiEsteri Germania: stock IDE tedeschi in Italia (~50 mld).
- Banca d’Italia: studi sugli investimenti esteri per “ultimate investor” e su pass-through capital.
- OCSE, Borga–Caliandro (report su pass-through FDI).
- Normativa italiana: DL 21/2012 Golden Power e successive estensioni.
- Normativa tedesca: AWG, AWV.
- Normativa francese: Code monétaire et financier sul controllo degli investimenti esteri.
- Casi citati:
- ERGO Italia / Munich Re / Old Mutual / Cinven / Eurovita / Cronos Vita (comunicati e articoli di settore).
- Deutsche Bank Financial Advisors → Zurich Bank (comunicati di acquisizione).
- Copertura media sulla procedura EU contro il golden power italiano: Reuters, FT, Euronews, Eunews.

Nato a Pescara, consegue la Laurea Specialistica nella locale Facoltà di Scienze Manageriali con le tesi di taglio giuridico e di economia, sulle tematiche legate alla sicurezza sui luoghi di lavoro, per la triennale, e sui distretti industriali italiani posti in relazione al capitale sociale ed umano per la specialistica. Scopre la tesi del Valore indotto e della Proprietà popolare della moneta del prof. Giacinto Auriti. Articolista per il sito della Scuola Auritiana, cultore delle politiche monetarie, ha collaborato alla pubblicazione di due libri scrivendo due brevi saggi, l’uno affrontando le tematiche riguardanti le trasformazioni delle Banche Popolare in Italia nel libro “L’Italia del futuro”, l’altro affrontando le tematiche relative agli infortuni sui luoghi di lavoro nel libro “Le priorità del cuore”.
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