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RICERCA, ABROGARE NUOVE FORME DI PRECARIATO E RILANCIARE PIANO FINANZIAMENTI

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Ok del Consiglio comunale alla mozione di Avs, M5s, Spazio democratico, Pd e Pri-Azione Sl che chiede di tutelare ricercatrici e ricercatori di Unimore e del personale Cnr

Abrogare le nuove forme di lavoro precario introdotte dalle recenti normative e rilanciare un piano di finanziamento per la ricerca pubblica e di stabilizzazione dei ricercatori universitari e del Cnr.

Sono le principali richieste che il Consiglio comunale di Modena rivolge al Governo approvando, nella seduta di lunedì 10 novembre, la mozione presentata da Avs, M5s, Spazio democratico, Pd e Pri-Azione Sl. Il documento è stato approvato con il voto favorevole dei proponenti e di Modena Civica e Lega Modena; voto contrario di Fratelli d’Italia.

Illustrando la mozione, Laura Ferrari (Avs) ha sottolineato come Unimore rappresenti un’eccellenza scientifica riconosciuta a livello nazionale e internazionale, ma anche come la condizione dei ricercatori in “pre-ruolo” – tra contratti a termine, borse e forme para-subordinate – resti segnata da precarietà diffusa e mancanza di tutele. Analoga situazione, evidenzia la consigliera, riguarda il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), dove una quota significativa del personale continua a operare con contratti temporanei.

La mozione sottolinea che i recenti provvedimenti governativi, il disegno di legge 1240 del 2024 e il decreto 45/2025, introducendo nuove figure come i “contratti post-doc” e le “borse di assistenza alla ricerca”, rischiano di ampliare ulteriormente il fenomeno del precariato accademico, in contrasto con la normativa precedente che aveva invece previsto l’introduzione del “contratto di ricerca” come forma di lavoro subordinato.

Per queste ragioni, il Consiglio chiede all’Amministrazione comunale di sostenere lavoratrici e lavoratori precari dell’università e del Cnr, facendosi portavoce presso il Governo della richiesta di abrogare le nuove figure introdotte dai recenti provvedimenti, prevedendo, invece, un piano straordinario di finanziamenti strutturali per la stabilizzazione del personale di ricerca, l’ampliamento degli organici e ulteriori finanziamenti nella prossima legge di bilancio per la piena attuazione della “legge Madia”, a beneficio di tutto il personale attualmente precario al Cnr. Il documento chiede inoltre di promuovere campagne di sensibilizzazione sul valore della ricerca pubblica e della dignità del lavoro accademico, coinvolgendo ricercatrici e ricercatori del territorio e richiamando gli obiettivi dell’Agenda Onu 2030 in materia di lavoro dignitoso, uguaglianza di genere e istruzione di qualità.

Nel dibattito, Giovanni Bertoldi (Lega Modena) ha motivato il proprio voto a favore sostenendo che “la ricerca non si regge solo sui fondi, che pure devono essere garantiti, ma anche sulla mobilità, sulla trasparenza delle carriere e sulla possibilità di confronto con i ricercatori stranieri presenti in Italia”. Per il consigliere, “il sistema della ricerca italiana andrebbe ripensato in modo profondo, ma è un tema delicatissimo, perché l’enclave universitaria è molto forte e radicata”. Ha quindi spiegato che le ultime misure del Governo “vanno lette come un tentativo di mediazione per gestire l’emergenza seguita alla fine dei fondi Pnrr”, ma esistono problemi strutturali “che si trascinano da decenni”.

Per il Pd, Federica Di Padova ha sottolineato che “la ricerca ha bisogno di fondi, risorse, sostegno pubblico e, soprattutto, di stabilità”, sostenendo che “molti lasciano l’Italia non perché non siano capaci, ma perché non tutti possono permettersi una precarietà totale a quarant’anni”. Per Anna De Lillo “la precarietà non è più un’eccezione, ma la regola e incide anche sulla salute mentale di chi la vive: così si rischia di perdere un’intera generazione di competenze ed energie, e con essa la capacità del Paese di crescere”. La consigliera ha quindi evidenziato la necessità di “maggiore trasparenza e chiarezza nei percorsi accademici, perché la frammentazione del sistema lo rende spesso incomprensibile persino a chi ne fa parte”. Alberto Bignardi ha sostenuto che la ricerca universitaria “troppo spesso diventa una missione estenuante più che una professione riconosciuta”. Ha sottolineato quindi che “non servono eroi, ma persone che possano fare ricerca serenamente, potendosi permettere di prendere casa o costruire una famiglia grazie al proprio lavoro”. Il consigliere, infine, ha poi richiamato l’attenzione sul rischio di eccessiva aziendalizzazione dell’università.

Giovanni Silingardi (M5s) ha invitato a riflettere su “che idea di futuro vogliamo per la nostra società”, sottolineando che “il precariato non è più un’anomalia ma la condizione strutturale del sistema universitario”. Ha osservato che se l’università e la ricerca devono rappresentare “il motore del futuro” allora “non possiamo accettare con indifferenza una situazione che priva intere generazioni di stabilità e prospettive”. Silingardi ha definito il precariato “una sostituzione sistematica di personale a tempo indeterminato con lavoratori a tempo determinato”, che “toglie a queste persone la possibilità di costruire il proprio futuro e quello delle proprie famiglie”.

Per Avs, Martino Abrate ha definito il tema della ricerca e della formazione “fondamentale per il futuro del Paese e della città”, ma ha ricordato che “oggi chi lavora in questi ambiti vive nella precarietà, con prospettive incerte e insufficienti riconoscimenti”. Il capogruppo ha criticato sia l’introduzione di ulteriori figure di preruolo (“che di fatto creano nuovo precariato, vanificando i tentativi di ridurlo”) sia “i tagli e gli storni di fondi che hanno penalizzato le assunzioni”. Laura Ferrari ha espresso invece disappunto per l’assenza di interventi di Forza Italia e Fratelli d’Italia nel dibattito, osservando che “proprio il Governo di cui fanno parte ha introdotto i tagli”. Per la consigliera “il silenzio su un tema così rilevante è indicativo: significa che non ci sono giustificazioni possibili per scelte che penalizzano la ricerca e chi vi lavora”.

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