Giovedì 20 novembre un incontro tra storia, sport e cultura per riscoprire i valori europei attraverso le sfide di un torneo leggendario
L’Europa non vive soltanto nei palazzi delle istituzioni o nei documenti che ne raccontano la storia: a volte si riconosce anche nel rumore di un pallone che rotola, nelle voci delle tifoserie, nell’emozione di una partita che unisce città lontane. È da questa intuizione che nasce “Euro 75 – Storie di calcio, unità e integrazione europea”, il progetto ideato dall’associazione culturale Mo’ Better Football insieme all’assessorato alla Cultura del Comune di Modena, a Europe Direct Modena e all’Istituto Storico di Modena. L’iniziativa celebra il 75° anniversario della Dichiarazione Schuman scegliendo un linguaggio semplice e universale, quello del calcio, per avvicinare i cittadini – e in particolare i più giovani – al racconto dell’Europa e dei suoi valori fondativi.
Giovedì 20 novembre alle 18, negli spazi di Europe Direct Modena in Piazza Grande 17, è in programma il secondo appuntamento del ciclo: “C’era una volta la Coppa dei Campioni”, un incontro su una competizione entrata nella memoria sportiva collettiva ben prima dell’avvento dell’attuale Champions League. A introdurre il pomeriggio è l’assessore alla Cultura Andrea Bortolamasi, che accoglie due ospiti in grado di far dialogare sport, cultura e società: il giornalista e telecronista Alessandro Iori e Daniele Francesconi, direttore scientifico di Festivalfilosofia.
Nata nel 1955, la Coppa dei Campioni era un rito collettivo che scandiva i mercoledì sera nelle case e nei bar di tutto il continente. Vi prendevano parte le squadre vincitrici dei campionati nazionali, senza distinzioni tra giganti del calcio e realtà periferiche. Quel formato a eliminazione diretta, tanto semplice quanto spietato, rendeva possibile l’impossibile: che un club di provincia eliminasse una grande d’Europa, che una città abituata al silenzio delle sere invernali diventasse per una notte il centro di un racconto epico. Ogni partita era un frammento di storia condivisa, un intreccio di culture, una sfida che univa le differenze e trasformava lo sport in un terreno di incontro.
Raccontare oggi quella coppa “vecchia” significa anche interrogarsi su come il calcio sia cambiato insieme all’Europa. L’ingresso di logiche globali, la crescita degli investimenti, il peso mediatico e commerciale hanno trasformato, negli anni, lo sport in un’industria complessa. Eppure il ricordo della Coppa dei Campioni continua a risuonare come un simbolo di un tempo più artigianale, più intimo, in cui le distanze sembravano accorciarsi non solo in campo, ma anche fra i popoli che vi si riconoscevano.
Con “Euro 75”, il calcio diventa dunque un pretesto narrativo e culturale per riflettere sulla nostra identità europea, sui cambiamenti sociali che hanno attraversato il continente, sulle sfide e sulle speranze che ci accompagnano oggi. Una semplice partita può diventare la chiave per rileggere processi politici, momenti di svolta, sogni condivisi. Ogni stadio, ogni bandiera, ogni coro assume il valore di un racconto che riguarda tutti, perché lo sport, quando è vissuto nella sua forma più autentica, è un linguaggio capace di avvicinare le persone ben oltre i risultati in campo.



